Marketing data-driven: i dati parlano, basta saperli ascoltare
Al di là dei molteplici nomi – Relationship marketing, Loyalty marketing, 1-to-1 marketing, CRM, Permission marketing – approcci che si differenziano per il modo in cui comunicano e si posizionano rispetto al cliente, il data-driven marketing si propone di creare un profilo del cliente, o di un segmento di clienti, a partire dai dati che ci vengono forniti dal suo comportamento. Il modello che queste tipologie di marketing adottano è perciò fondamentalmente di tipo “comportamentale” anche se nulla vieta esso possa essere integrato da caratteristiche demografiche del cliente.
Gli obiettivi fondamentali, relativamente alla gestione del valore che queste tipologie di marketing assegnano al cliente, sono due:
- mantenere i clienti a più alto valore
- trasformare i clienti a basso valore in clienti a più alto valore
Al di là quindi degli aspetti filosofici, che si chiami 1-to-1 marketing o relationship marketing, se si vuole raggiungere questi obiettivi si dovrà creare un programma/servizio di marketing ed eseguirlo. E per fare questo è indispensabile conoscere il valore del cliente e la sua propensione a rispondere al nostro programma. Il tipo di programma che verrà eseguito potrà essere diverso (tessere fedeltà, sconti per acquisti ripetuti ecc) ma esso deve comunque rispondere (almeno) a 3 domande: Cosa comunicare, A chi comunicare e Quando comunicare. L’obiettivo del programma è esplicito: fare in modo che i clienti agiscano (o, talvolta, non agiscano) in qualche modo.
Un altro aspetto non trascurabile nel progetto del programma sarà necessariamente il suo costo ovvero il budget a disposizione: stante il suo naturale limite, si pone il problema di individuare i clienti che più probabilmente risponderanno al programma. Inoltre, ribadito il fatto che l’obiettivo è quello di stimolare il cliente ad un’azione – visitare il nostro sito web, fare un acquisto, acconsentire a ricevere la nostra newsletter – si pone anche il problema che questa azione non sia limitata ad una sola volta, come diretta conseguenza del nostro investimento nel programma di marketing messo in atto, ma che continui ad anche successivamente, quando il nostro investimento sarà ridotto o nullo. La conoscenza e l’esatta interpretazione dei dati ci consente di raggiungere questo scopi e, segmentando opportunamente i clienti, di ridurre il costo per customer.
Un programma data-driven si fonda essenzialmente su 4 assunti:
- Il comportamento presente e passato di un cliente è il miglior predittore del suo comportamento futuro.Va qui ancora sottolineata l’importanza che assume il comportamento al di là di ogni modellizzazione demografica (genitori, single, abitanti in grandi centri urbani ecc)
- I clienti vogliono poter effettuare scelte consapevoli e possibilmente essere premiati per le loro scelte. Questo vale sia per il consumatore che ottiene uno sconto sia per il cliente B2B che riceva un servizio premium. Se il nostro programma prevederà una ricompensa, sarà più probabile che il cliente sia disposto a rispondere ad esso.
- Esiste una “metodologia ottima” per l’allocazione delle risorse: l’approccio data-driven è focalizzato sul continuo raffinamento dell’allocazione delle risorse disponibili per i programmi di marketing. Partendo dal presupposto che, se un programma ha un costo di 1000 euro, esso dovrebbe essere eseguito solo se si prevede un profitto (non vendite) di almeno 1000 euro, sorge il problema di poter ragionevolmente prevedere il profitto. E’ il famoso concetto di ROI (Return On Investment) o, come forse sarebbe più corretto chiamarlo, di ROME (Return On Marketing Expense). Assume dunque una importanza strategica la capacità, offerta dal data-driven marketing, di misurare e predire il ROI di un certo programma, e questo per almeno 3 motivi:
decidere se un certo programma ha ragione di essere eseguito
poter discriminare tra 2 o più programmi, in situazione di budget limitato, quale di essi ha maggior probabilità di avere ROI più elevato
poter continuamente riallocare il budget selettivamente solo ai programmi a ROI maggiore permetterà di avere profitto crescente anche in periodi di budget piatto
- Azione-Reazione-Feedback: il data-driven marketing, nelle sue varie accezioni come detto, si fonda sulla continua comunicazione Business-Cliente. Questa conversazione continua, tuttavia, non ha niente a che fare con i social network, come qualcuno potrebbe pensare, ma è fondata sui dati. I dati sono lo strumento che ci permettono di ascoltare il cliente e comprendere cosa vuole comunicare con la sua azione (o la sua mancanza di azione). Dopo aver ascoltato starà al marketer provvedere ad una opportuna reazione ed attendere il nuovo feedback.
In conclusione, il data-driven marketing si basa su una comunicazione continua con i nostri clienti che ci parlano attraverso le loro azioni: dopo il primo acquisto il cliente ne ha fatto un altro successivamente? Dopo una serie di visite al nostro sito web il cliente è scomparso? Dopo un iniziale utilizzo del nostro servizio il cliente non lo sta più utilizzando? Dunque è il comportamento del cliente, o per meglio dire il cambiamento del suo comportamento, a offrirci il segnale che dobbiamo reagire e non lasciare cadere la conversazione nel vuoto; questa continua conversazione, ha sicuramente un costo elevato se mantenuta offline (dove queste tecniche sono nate almeno vent’anni fa) ma è diventata sicuramente una strategia più praticabile online.
Ma come parlano i dati? In quale lingua? E, soprattutto, come ci possono permettere da un lato, di prevedere i clienti che con maggiore probabilità risponderanno al nostro programma e, dall’altro, di comprendere chi tra essi ci sta abbandonando? Continuerò a parlare di CRM e data-driven marketing in prossimi articoli.